6 feb 2018

ANDREA D'ANGELO


Ci sono storie dalla struttura così solida da diventare il nascondiglio perfetto. Mi chiamo Andrea D’Angelo e ne ho approfittato spesso.
 Se la memoria non mi inganna, avevo otto anni quando ho scritto il mio primo racconto. A otto anni pensavo che fosse un romanzo, ma non erano altro che poche pagine di quaderno. Credo che l’idea mi fosse venuta grazie a un esercizio che il maestro d’italiano ci faceva fare a scuola: ci dava dei personaggi e noi dovevamo creare in gruppo storia e ambientazione. A otto anni comunque abbandonai l’idea di scrivere un romanzo perché mio cugino, di qualche anno più grande di me, mi fece notare che il mio racconto era troppo breve per essere un romanzo: un romanzo aveva almeno trenta pagine!
 Non me la presi, al contrario, mi stupii di non averci pensato io. Ad ogni modo, questo fu uno degli episodi che mi spinsero da bambino verso la lettura, affascinato dalla quantità di ingegno che la stesura di un’opera ampia e completa nei suoi dettagli potesse richiedere.
 La lettura mi aprì le porte di un mondo inaspettato in cui tutto poteva succedere. La realtà non era più oggettiva, non era altro che un modo di vedere le cose.
 Poi a dodici anni trovai tra i libri dei miei fratelli La fattoria degli animali di George Orwell. Lo lessi rapidamente e ne rimasi così preso che non smettevo di parlarne. Dopo estenuanti settimane, in cui non parlavo d’altro, il più grande dei miei fratelli decise di regalarmi 1984.
 Avevo scoperto un nuovo gioco: andavo in giro per casa in cerca di un libro da leggere, se non lo trovavo potevo chiederlo per il compleanno o Natale o per qualsiasi altra ricorrenza in cui si facessero regali.  
 Passai da lì l’adolescenza a leggere, trasformandomi in Anna Karenina, Elizabeth Bennet, Mattia Pascal… Mentre a quindici anni avevo già deciso che avrei proseguito gli studi in lingue e letterature.
 A diciott’anni Milan Kundera mi convinse a studiare il tedesco, descrivendolo come una lingua di parole pesanti.
 Il passo per Berlino fu breve. Nel 2009 riscoprii improvvisamente l’impulso alla scrittura che avevo represso per lungo tempo. Dopo tre anni di lavoro e mille revisioni successive ho pubblicato nel 2015 L’inafferrabile estetica delle scelte azzardate con Erga Editore.
 È un lavoro che mi ha fatto scoprire un certo taglio della mia scrittura, sempre legata a ciò che mi vedo accadere intorno. Scriverlo è stato un grande lavoro su me stesso. Mi ha messo alla prova obbligandomi a fare ordine e ad ammettere che la Berlino che ho vissuto per anni si mostrava solo con due maschere: quella grandiosa della città che non dorme mai e dove tutto può succedere e quella misera dell’annichilente vuoto esistenziale.


Un giovane scrittore, annoiato dalla vita di provincia e dalle convenzioni sociali, si trasferisce a Berlino per affrontare i problemi esistenziali che lo tormentano, non potendo vantare problemi sostanziali. Intorno a lui ruotano personaggi vaghi e indecisi che accrescono il suo sentimento di vuoto. Un incontro con un personaggio femminile affascinante sembra muoverlo a nuove emozioni che potrebbero aiutarlo a elaborare la sua confusa vita onirica e la sua sterile vita reale. Incapace di dare un senso a quello che lo circonda, proseguirà nel suo inarrestabile percorso verso la follia.

Descrivere quello stato d’animo in un libro non mi ha guarito, perché a volte parlarne non basta. Qualche mese dopo la pubblicazione e la laurea tedesca, trascinato dall’idea di aver finito un percorso, ho lasciato Berlino.

 Alla fine del 2015 sono approdato a Lisbona. Era strano vivere all’improvviso in un estero diverso che non fosse Germania. Questa diversità si traduceva in concetti che in Germania non avevano senso d’esistere: la paura di non trovare lavoro, la paura della povertà, la normalità del malfunzionamento.
 Questo era almeno quello che si vedeva a prima vista, osservando quella superficie di una società che si muoveva più rapida da quando avevano aperto i call center.
 Sentivo il bisogno di capirne di più e per farlo ho cominciato un romanzo a puntate dal titolo Tutti schiavi in Portogallo sul mio blog Penelope a pretesto.
Poi un giorno Fabio Carbone di Ofelia Editrice mi ha scritto un'email. Abbiamo parlato del romanzo e abbiamo deciso di portare avanti il progetto insieme. Il libro è in uscita ufficiale il 12 febbraio, ma si può già ordinare sul sito di Ofelia Editrice:


Da qualche anno, Marta vive a Lisbona. Partita con un sogno da realizzare, si è ritrovata a lavorare in un call center, lavoro che non ama particolarmente, ma che le permette di guadagnare il necessario per vivere dignitosamente nella capitale lusitana. Tanti sono i dubbi che si affollano nella sua testa: si sente a casa in Portogallo? Perché ha accettato un lavoro che avrebbe potuto fare anche in Italia? È quello il posto ideale per realizzare il suo sogno?
Una serie di storie e di eventi la tengono legata quasi indissolubilmente a Lisbona. Tra pulsioni istintive e inevitabili sbagli, Marta rincorrerà la risposta alla sua fondamentale domanda: cosa l'ha portata realmente a Lisbona?



Per adesso penso che sia tutto. Ah no, solo un’altra cosa: non ho mai scritto fantasy o manuali giuridici.

ANDREA D'ANGELO